venerdì 29 aprile 2011

Il lavoro che dissangua



Che coraggio ci vuole a farsi morire piano piano? Che coraggio ci vuole a farsi dissanguare giorno dopo giorno, sapendo che si potrebbero lasciare per sempre i propri figli?

Questo coraggio lo ha avuto Matriarca Terracciano, un’infermiera di 45 anni dell’ospedale San Paolo di Napoli che, per protestare contro il mancato pagamento dello stipendio, per giorni si è prelevata 150 mg di sangue.  

La protesta era cominciata il 30 aprile 2010 e la donna era stata ripresa in un video che circolava su youtube con la siringa al braccio nell'atto del prelievo di sangue. "Lo stipendio e' un diritto - diceva nel filmato - io ho lavorato e pretendo i miei soldi. Può sembrare un gesto folle, ma voglio dimostrare che stanno giocando sulla pelle e sul sangue di tutti". Il 3 maggio, finalmente, le erano stati pagati gli arretrati, ma il suo fisico minuto non aveva retto, e pochi giorni dopo si era sentita male mentre era al lavoro in ospedale, finendo in rianimazione e morendo tre giorni dopo. Ha lasciato due bambine, una di 10 e una di 4 anni.

Questa è la notizia che più mi ha colpita nel 2010. Forse non dimenticherò mai l’immagine di questa donna che se ne stava su un lettino di un corridoio dell’ospedale, proprio quell’ospedale in cui lei stessa accudiva i malati, e protestava con dignità e fermezza per i suoi diritti. Non è stato solo coraggio, quello di Matriarca, è stato un misto di disperazione e rabbia che l’ha spinta a tanto, quella rabbia che tante donne e tanti uomini italiani stanno provando negli ultimi anni.  Quando si viene trattati solo come numeri da tagliare, quando si vede che ogni porta è chiusa al merito ed è aperta solo al compromesso, quando si viene stritolati in una morsa di tasse e debiti, è proprio così che ci si sente: privati dei diritti, del rispetto, della dignità e della propria essenza vitale. Del sangue stesso. Questo deve aver pensato anche Matriarca, e questo ha voluto mostrare a tutti, facendoselo togliere davvero quel sangue, di cui ciascuno di noi, consapevole o no, viene privato ogni giorno che passa. Per questo di Matriarca avrebbero dovuto parlarne tutti, non solo qualche tv locale e qualche volenteroso sul web, ma anche i giornalisti delle maggiori tv e dei più importanti quotidiani nazionali; e, soprattutto, non solo dopo la morte, ma prima, per poterla in qualche modo prevenire. Questo silenzio, il silenzio in cui si consumano tante altre tragedie italiane causate dalla privazione o dalla svalutazione del proprio lavoro, è complice di chi fa di tutto per affondare questo paese. Che questa donna sia morta o no a causa dei salassi è una questione secondaria, il problema è vivere in un paese che esaspera la gente a tal punto da farla arrivare a gesti come questo.

Adesso che non si può più fare niente per salvarle la vita, Matriarca dovrebbe essere ricordata, dovrebbe diventare il simbolo della denuncia e del riscatto dalle proprie dolorose situazioni lavorative. Perché lei, anche se l’ha pagata con la vita, la sua battaglia l’ha vinta: lo stipendio, poco prima di morire, l’ha ottenuto.

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