Che coraggio ci vuole a farsi morire
piano piano? Che coraggio ci vuole a farsi dissanguare giorno dopo giorno, sapendo
che si potrebbero lasciare per sempre i propri figli?
Questo coraggio lo ha avuto Matriarca Terracciano, un’infermiera di 45 anni dell’ospedale San Paolo di Napoli che, per protestare contro il mancato pagamento dello stipendio, per giorni si è prelevata 150 mg di sangue.
La protesta
era cominciata il 30 aprile 2010 e la donna era stata ripresa in
un video che circolava su youtube con la siringa al braccio nell'atto del
prelievo di sangue. "Lo stipendio e' un diritto - diceva nel filmato - io
ho lavorato e pretendo i miei soldi. Può sembrare un gesto folle, ma voglio
dimostrare che stanno giocando sulla pelle e sul sangue di tutti". Il 3
maggio, finalmente, le erano stati pagati gli arretrati, ma il suo fisico
minuto non aveva retto, e pochi giorni dopo si era sentita male mentre era al
lavoro in ospedale, finendo in rianimazione e morendo tre giorni dopo. Ha lasciato
due bambine, una di 10 e una di 4 anni.
Questa è la notizia che più mi ha
colpita nel 2010. Forse non dimenticherò mai l’immagine di questa donna che se ne
stava su un lettino di un corridoio dell’ospedale, proprio quell’ospedale in
cui lei stessa accudiva i malati, e protestava con dignità e fermezza per i
suoi diritti. Non è stato solo coraggio, quello di Matriarca, è stato un misto
di disperazione e rabbia che l’ha spinta a tanto, quella rabbia che tante donne
e tanti uomini italiani stanno provando negli ultimi anni. Quando si viene trattati solo come numeri da
tagliare, quando si vede che ogni porta è chiusa al merito ed è aperta solo al
compromesso, quando si viene stritolati in una morsa di tasse e debiti, è
proprio così che ci si sente: privati dei diritti, del rispetto, della dignità
e della propria essenza vitale. Del sangue stesso. Questo deve aver pensato
anche Matriarca, e questo ha voluto mostrare a tutti, facendoselo togliere
davvero quel sangue, di cui ciascuno di noi, consapevole o no, viene privato ogni
giorno che passa. Per questo di Matriarca avrebbero dovuto parlarne tutti, non
solo qualche tv locale e qualche volenteroso sul web, ma anche i giornalisti
delle maggiori tv e dei più importanti quotidiani nazionali; e, soprattutto,
non solo dopo la morte, ma prima, per poterla in qualche modo prevenire. Questo
silenzio, il silenzio in cui si consumano tante altre tragedie italiane causate
dalla privazione o dalla svalutazione del proprio lavoro, è complice di chi fa
di tutto per affondare questo paese. Che questa donna sia morta o no a causa
dei salassi è una questione secondaria, il problema è vivere in un paese che
esaspera la gente a tal punto da farla arrivare a gesti come questo.
Adesso che non si può più fare niente
per salvarle la vita, Matriarca dovrebbe essere ricordata, dovrebbe diventare
il simbolo della denuncia e del riscatto dalle proprie dolorose situazioni
lavorative. Perché lei, anche se l’ha pagata con la vita, la sua battaglia l’ha
vinta: lo stipendio, poco prima di morire, l’ha ottenuto.
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