Sono mancata per qualche giorno dalla mia città e dal web. Ho trascorso un’ultima settimana al mare all’isola d’Elba, una settimana di settembre in cui finalmente non ho dovuto sgomitare per stendere l’asciugamano sulla spiaggia e fare la fila al bar per prendere una bottiglia d’acqua minerale. Volevo stare lontana da giornali e tv per disintossicarmi un po’, proprio mentre tutti riprendevano con il tran tran di sempre.
E invece a fine settimana la tentazione di comprare un quotidiano è stata forte.
Lo compro tutta soddisfatta di dare una sbirciatina a cosa succede là nel mondo, oltre l’isola sulla quale mi trovo, e me lo porto sulla spiaggia sperando di non trovare qualche notizia che mi faccia arrabbiare come al solito. Ma, aperta una pagina a caso, in quale notizia mi imbatto? In quella sul ministro del Lavoro Sacconi, che parlando pubblicamente alla festa della Giovane Italia con il segretario della CISL Bonanni racconta una ignobile barzelletta sullo stupro delle suore. Inorridisco, riduco il giornale a una palla di carta e lo vado a buttare nel primo cestino della spazzatura che trovo.
Lo compro tutta soddisfatta di dare una sbirciatina a cosa succede là nel mondo, oltre l’isola sulla quale mi trovo, e me lo porto sulla spiaggia sperando di non trovare qualche notizia che mi faccia arrabbiare come al solito. Ma, aperta una pagina a caso, in quale notizia mi imbatto? In quella sul ministro del Lavoro Sacconi, che parlando pubblicamente alla festa della Giovane Italia con il segretario della CISL Bonanni racconta una ignobile barzelletta sullo stupro delle suore. Inorridisco, riduco il giornale a una palla di carta e lo vado a buttare nel primo cestino della spazzatura che trovo.
Poi, per i giorni successivi, la barzelletta continua a risuonarmi macabramente nella testa e, ritornata sul mio blog, non posso non parlarne. Com’è possibile che un ministro della Repubblica usi una barzelletta sullo stupro per illustrare un suo pensiero? Sullo stupro non si può mai né fare ironia né tantomeno scherzare. E’ sconcertante, poi, che il pensiero che emerge dalla barzelletta sia esattamente quanto ogni stupratore afferma per “giustificarsi”, e cioè non c’è stata violenza perché la vittima era consenziente. Quindi, in questo caso, le suore della barzelletta sarebbero state tutte consenzienti!
Ma il signor Sacconi non si è reso conto di niente ed è tornato nuovamente a offendere le donne dopo ventiquattro ore, sottolineando l’ironia della sua barzelletta. Queste sono state le sue parole:
“Sfortunato quel Paese nel quale dovessero prevalere il rifiuto di ogni dimensione ironica e la perdita della capacità di sorridere anche di fronte ai paradossi più' politicamente scorretti. E' ovvio che non intendevo offendere nessuno ripetendo la storiella che Guido Carli mi raccontò per sdrammatizzare un momento critico. Ma offende ancor più' la disonestà intellettuale di quanti, ancora una volta, usano ogni pretesto per criminalizzare chi tocca l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, perfino in relazione ad un semplice atto di fiducia nei confronti della contrattazione collettiva”.
Al Ministro Sacconi rispondo invece:
sfortunato il paese in cui chi offende le donne stuprate non si dimette
sfortunato il paese in cui il Ministro delle Pari Opportunità (tra l’altro donna) non interviene dicendo la sua contro il collega
sfortunato il paese in cui nemmeno il papa interviene a difesa di tutte quelle suore che purtroppo, veramente, sono state stuprate in massa non molto tempo fa durante la guerra in Kosovo.
E poi, come suggerito anche da qualcun altro sul web, vorrei organizzare all’istante davanti al Ministero del lavoro uno slut walk! No, non è una parolaccia, slut walk significa letteralmente “la marcia delle puttane”. Si tratta di un grande movimento di donne nato pochi mesi fa a Toronto dopo che un poliziotto, un certo Michael Sanguinetti (sarà di origine italiana??), durante un incontro alla York University con gli studenti di legge, ha dichiarato: "Se le donne la smettessero di vestirsi come puttane avremmo molte meno vittime in giro".
Questa frase, purtroppo spesso sulla bocca degli uomini, stupratori e non, ha spinto le donne di Toronto a scendere in massa per le strade e a gridare a tutti i Sanguinetti del mondo che non siamo noi donne a dover cambiare, ma gli uomini, perché una maglietta scollata o una gonna corta non può giustificare lo stupro, come evidenziava uno degli slogan di Toronto: “Non dite a noi come vestirci. Dite agli uomini di non stuprarci”. E’ per questo che il movimento ha preso polemicamente il nome di Slut Walk, marcia delle puttane appunto, per ribadire la lotta contro pregiudizio che se una donna si veste in modo “appariscente” allora può essere importunata.
Ben presto lo Slut Walk si è esteso oltre i confini canadesi e ha viaggiato in tutto il mondo, dall’America Latina all’Australia. Da qualche mese i comitati Slut Walk stanno nascendo anche in Europa. Dopo Londra e Berlino, il prossimo appuntamento sarà il primo ottobre a Parigi.
E noi cosa aspettiamo per organizzarlo anche qua in Italia??
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