E’ passata quasi una settimana dalla manifestazione internazionale del 15 ottobre, che ha visto l’Italia – Roma – protagonista a livello mondiale. Rispetto alle decine di città in cui su tutto il pianeta la gente è scesa spontaneamente in piazza a protestare contro le lobby della finanza, Roma ha avuto due primati: è stata la città che ha avuto il maggior numero di manifestanti (ovviamente i media e la politica tacciono o minimizzano i numeri, ma sembra che ci fossero circa 500.000 persone), ma è stata anche la città che ha visto una violenza e devastazione senza precedenti, da parte di poche centinaia di black bloc.
Io che a Roma non c’ero, ho avuto bisogno di qualche giorno per approfondire,riflettere e capire cosa diavolo sia successo.
Adesso ho capito. “Divide et impera”, cioè “Dividi e comanda” era la strategia politica seguita dagli antichi romani. La stessa cosa è successa sabato. Da una parte le forze di polizia hanno impedito alle frange del corteo di confluire in Piazza San Giovanni, dove la manifestazione avrebbe toccato il suo culmine e si sarebbe veramente raggiunto un numero impressionante di persone; dall’altra le forze dell’ordine hanno invece lasciato passare gli incappucciati (i black bloc), li hanno lasciati liberi di prendere le spranghe che da giorni si sapeva attraverso internet dove sarebbero state nascoste, e li hanno lasciati indisturbati nel bruciare e distruggere qualunque cosa trovassero sul loro persorso. Anzi, affinché fossero facilitati nella loro azione violenta, le autorità hanno incautamente lasciato in strada i cassonetti della spazzatura e le automobili parcheggiate, mentre in qualunque altra manifestazione al mondo normalmente la polizia nelle ore precedenti toglie i cassonetti lungo il percorso del corteo e non permette alle macchine di parcheggiare.
Questo progetto, ben architettato a tavolino e perfettamente messo in pratica, ha permesso tre cose: i manifestanti sono stati messi gli uni (quelli pacifici, la maggioranza) contro gli altri (quelli violenti, la minoranza); la manifestazione non è giunta a compimento e la gente, per paura, è defluita prima della fine; nei giorni successivi si è distolta l’attenzione dai problemi che hanno portato gli indignati in piazza e si è parlato solo dei danni dei violenti; il Ministero degli Interni sta valutando leggi che impediscano o scoraggino i cittadini dall’organizzare altre manifestazioni.
E’ così che un’occasione in cui finalmente gli italiani erano scesi in piazza in modo spontaneo e coeso, senza nessuna bandiera politica e partitica che li contraddistingueva, con l’obiettivo di dimostrare che non sono tutti caproni che piegano la testa e fanno finta di niente, è stata trasformata da una casta senza scrupoli che continua imperterrita solo a fare i propri interessi, in un insuccesso e una vergogna per l’Italia intera. A vergognarsi dovrebbero essere loro, il sindaco Alemanno, il questore e il prefetto di Roma, e tutti coloro che hanno permesso l’attuazione dello squallido giochetto “Divide ed impera”.
Dissociamoci dalla violenza, ma continuiamo a protestare e a far sentire, in qualunque modo e in qualunque occasione, la nostra voce. Il 15 ottobre noi italiani abbiamo finalmente preso la strada giusta per cambiare le cose, non cediamo a chi ha strumentalizzato i black bloc per scoraggiarci e intimorirci.
L’immagine che ho scelto per questo post è una scultura di Maurizio Cattelan, un dito medio gigante che da qualche settimana si trova in Piazza Affari a Milano. E’ il simbolo di un gesto irriverente nei confronti della Borsa e della finanza. Dedico questo dito non solo ai banchieri e alle multinazionali che pilotano e si approfittano della crisi, ma anche a tutti coloro che stanno ancora cercando di prenderci per il sedere. Non permettiamolo, è decisamente troppo.
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